“Bambina mia, tu sai quanto mi dispiaccia turbare le tue splendide vacanze…”

La lettera melensa della madre che le chiede aiuto per un imminente disastro familiare, trasforma la piacevole vacanza sulle Alpi di una signorina della borghesia viennese in un incubo senza uscita.
Else si sente in trappola e tradita da chi invece dovrebbe proteggerla: progressivamente si estranea dai “dinner”, dalle partite di tennis e dagli usuali obblighi mondani, per immergersi in un malessere crescente e intollerabile, che corrode e annienta lo splendore che la circonda. Così, in questa novella senza preamboli pubblicata nel 1924, Arthur Schnitzler racconta gli eventi attraverso il dialogo interiore di Else, con una tecnica narrativa che va dritta al cuore.
Con la potenza del flusso di coscienza, fresco degli studi più recenti di Freud, egli avvolge progressivamente chi legge nella spirale pulsante di sentimenti e pensieri che minano la psiche della protagonista e denudano l’ipocrisia della società borghese, in un crescendo molto simile all’isteria, termine in auge agli albori della psicanalisi e oggi pressoché scomparso dall’elenco dei mali che affliggono l’universo femminile. Letto d’un fiato, metabolizzato con pazienza.

“La signorina Else” di Arthur Schnitzler

titolo originale: “Fräulein Else”

edito da Adelphi

pp. 123  –  euro 9

Recensione di Silvia Orso