“Jasper Gwyn mi ha insegnato che non siamo personaggi, siamo storie, disse Rebecca. Ci fermiamo all’idea di essere un personaggio impegnato in chissà quale avventura, anche semplicissima, ma quel che dovremmo capire è che noi siamo tutta la storia, non solo quel personaggio” (p. 155)

Dopo gli impegni – discussi e discutibili – come regista e critico sociale, Alessandro Baricco torna a confermare la sua vena creativa primaria, di grande ed esperto affabulatore. Il suo ultimo lavoro, “Mr Gwyn”, è un romanzo giocato sottilmente, con l’abilità dello scrittore sicuro sulla sua tastiera, che cattura il lettore attraverso le semplici atmosfere, le piccole sfumature, creando un senso di suspense lieve ma costante. Lungi dagli stilemi del romanzo giallo, il libro s’incentra comunque su un’indagine, su un mistero: solo che l’enigma, qui, non è chiuso entro stanze segrete o sulla scena del crimine, ma vive nel suo stesso protagonista, Jasper Gwyn.
Lo spiazzamento primario è quindi dato da un processo inverso rispetto a quello del più comune sviluppo narrativo: mentre in genere lo svolgersi della trama comporta un progressivo avvicinamento del lettore all’indole del protagonista, qui la storia parte da una visione soggettiva, elidendo però pagina dopo pagina il protagonista stesso. Quasi che la ricerca di un’identità, di una ragione di vita (obiettivo primario di Mr. Gwyn), potesse realizzarsi solo attraverso un processo di totale “spersonalizzazione” del soggetto. Il gioco è qui realizzato da Baricco servendosi di un semplice accorgimento: l’introduzione di un deuteragonista (Rebecca) che gradualmente si sostituisce al personaggio principale, trasformandolo da soggetto in oggetto d’analisi.
La vicenda è semplice da riassumere: uno scrittore affermato (Mr. Gwyn) pubblica un articolo in cui elenca 52 cose che non farà mai più nella sua vita. L’ultima, ovviamente, è: “scrivere libri”. Ancor più ovvio il fatto che per lui smettere di scrivere sarà impresa ardua, che lo obbligherà ad escogitare curiosi surrogati (“come il mettere insieme frasi nella sua mente o allacciarsi le scarpe con una lentezza da idiota”, p. 27). Fin qui niente di originale. Ma quando Mr. Gwyn scopre la sua vera vocazione, il “mistero” mette finalmente piede nel romanzo. Per dedicarsi alla professione di “copista” (si noti: la parola in lui sorge ancor prima della definizione), egli escogita una complicatissima procedura finalizzata alla “copiatura” di soggetti umani. Insomma, suo obiettivo finale è la realizzazione di “ritratti” (in parole) di singole persone. E qui Baricco gioca con la sua consueta abilità di scrittore: senza scoprire totalmente le carte, ci descrive la sofisticatissima preparazione dello “studio di posa” dello scrittore, ci introduce al fascino arcano dei suoi “ritratti”, senza però mai rivelarli o descriverli – perché “proprietà privata” dei loro soggetti. E mentre risulta evidente che la ricerca “pittorica” di Mr. Gwyn punta alla scoperta del sé (all’autoritratto), la sua immagine si affievolisce gradualmente, fino ad eclissarsi del tutto.
Ma il lettore così “giocato” scoprirà il significato del gioco assieme a Rebecca (personaggio che invece “prende forma” attraverso il romanzo), con quella rivelazione finale (che noi siamo le storie, non solo i personaggi) a sottolineare come ciò che conta realmente non è l’individuazione, ma il rapporto.
Sul piano dello stile poche le novità, con la solita prosa “marchio di fabbrica” di Alessandro Baricco: l’abilità ad equilibrare i toni intensi e le battute colloquiali, i ritmi piani e sincopati; la costante tendenza a sorprendere il lettore in brevi battute (un poco sentenziose) che precipitano come fugaci illuminazioni attraverso il limpido scorrere della prosa – come nell’affermazione: “Morire è solo un modo particolarmente esatto di invecchiare” (p. 56); o all’uscita di Rebecca dallo studio di Mr. Gwyn: “Come ogni sera, fece i primi passi per strada con un’incertezza da animale appena nato” (p. 75).

Una lettura piacevole e suggestiva, facile da digerire e “consumabile” nello spazio di un solo pomeriggio; e l’esperienza non si esaurisce in se stessa, lasciando al passaggio una lieve lievissima traccia, ma permanente.

“Mr. Gwyn” di Alessandro Baricco

edito da Feltrinelli

pp. 158  –  euro 14

Recensione di Simone Rebora